Sentirsi soli è diverso da essere soli ma il confine è spesso confuso

Affrontare il tema del “sentirsi soli” è complicato. Le sensazioni sono molteplici, cause ed effetti altrettanto.

Specie dopo una relazione ci si ritrova a claudicare; è come togliere le stampelle a un ingessato o la protesi a uno che non ha una gamba. Improvvisamente riaffiora ogni paura, ogni insicurezza, il senso di inadeguatezza la fa da padrone. Ma come, prima non eravamo così…

Gli amici fanno di tutto per strapparti alla casa, al tuo unico desiderio di restarci barricato per il resto dei tuoi giorni, e via di “devi uscire, vedere gente, dai che ti fa bene”.

E quando ci riescono, ti rendono un essere asociale che sta tanto male in mezzo a tutta quella umanità di cui non sai e non vuoi sapere niente, e preferiresti che qualcuno ti portasse via all’istante col teletrasporto.

Sei solo. Zoppichi. Ti manca un pezzo. Quasi ti vergogni. Perché nessuno lo capisce? Perché farti uscire a tutti i costi? Perché non ti ascoltano, non ti capiscono?

Tutto lecito. Chi ha percorso questa strada lo sa bene.

Ma siamo davvero soli o è piuttosto la paura di esserlo?

In realtà non siamo soli. Fuori è pieno di persone che avvertono questo disagio, basta affacciarsi su qualche blog o pagina Facebook.

In questa fase di isolamento scrivere potrebbe rivelarsi un buon lenitivo. Esprimersi senza tuttavia essere costretti a inserirsi in un contesto sociale è certamente meglio che tenersi tutto dentro. Reprimersi e comprimersi finisce per irrancidirci, cosa che non giova.

La nostra è piuttosto una sorta di solitudine interiore: non riusciamo a integrarci con gli altri, il mondo ci sembra così grande, vuoto, freddo…

Ma guardiamoci anche dall’isolamento, stato altrettanto pericoloso. Dobbiamo cercare di riaffacciarci sul mondo, evitare di farci intrappolare da passato.

È un po’ come finire un bel capitolo di un libro. Ci è piaciuto, e ci dispiace ma dobbiamo girare pagina perché la storia continua. È la nostra storia, e merita un lieto fine. Dobbiamo arrivarci.

Impariamo a godere dei nostri momenti di solitudine. Dedicarsi del tempo, riprendere un vecchio hobby accantonato è cosa buona e giusta. Io desideravo tanto imparare a suonare la batteria, e dopo la separazione l’ho fatto. Mi diverto e tanto basta. E mi ha dato una grossa lezione sull’autostima bastonata che è quasi sempre la logica conseguenza di una separazione.

Perché dico queste cose? Come ho detto, scrivere e raccontarsi può essere terapeutico. Perché dopo anni di silenzi trovo la condivisione uno strumento valido per una guarigione sana. Oggi che sto vivendo (anche) il dramma del lutto. Perché spero che le mie parole possano aiutare chi cerca ancora l’uscita dal tunnel con una fioca lanterna in mano.

Simonetta

Scrittrice, counselor, giornalista, motociclista, batterista e svariati altri “ista”. Ama i gatti e Stephen King ma lui non lo sa.