Nove Strati di Buio
Nove storie nere, direttamente dall’Inferno
AA.VV. (Echos Edizioni)
La solitudine. La follia. L’ossessione. Il suicidio. L’omicidio. La conservazione. La paura. L’orrore. La Morte: c’è chi ne fugge, c’è chi la insegue, c’è chi l’affronta. Chi se ne fa artefice. E c’è, poi, chi la racconta.
È così da sempre.
Non dobbiamo misconoscere in noi la presenza del contenuto preistorico della morte. È esso che ritroviamo nei sogni, nelle fantasie a occhi aperti, nell’ora del pericolo e del dolore, nella nostra estetica (Edgar Morin).
L’idea della morte è “la più vuota delle idee poiché il suo contenuto è l’impensabile, l’inesplorabile”. È questa la terra di nessuno in cui iniziamo a esplorare la natura della nostra paura ancestrale par excellence. A colmare questo vuoto con fantasie, storie, leggende. Lo facciamo ancora oggi.
A cura di Laura Sestri
CREDEVO DI ESSERE MORTO
Credevo di essere morto. Non so come possa essere possibile credere di essere morti ma dopo lo schianto io l’ho creduto. L’impatto e il mondo che all’improvviso si capovolgeva e poi ancora, e ancora… i vetri che esplodevano e schizzavano dappertutto, la lamiera che si accartocciava, il dolore, il dolore che istante dopo istante cresceva e si moltiplicava travolgendo ogni cellula dei nostri corpi intrappolati…
Credevo di essere morto perché come si può uscire vivi da un inferno simile? È stato questo che ho pensato quando ho riaperto gli occhi. O forse erano già aperti, chissà; magari si era solo riaccesa la luce. Una luce fioca e velata. È l’Altro Mondo, ho pensato…
Esiste davvero qualcosa dopo la morte e io la sto vivendo in prima persona. Vivendo, che parola grossa; come avrei potuto vivere qualcosa se ero morto? E poi, perché avrei dovuto essere morto se il mio cervello stava pensando?