“Non mi prendo mai troppo sul serio, altrimenti sarei una serial killer.”
Simonetta Santamaria è scrittrice, counselor, giornalista, motociclista, batterista e svariati altri “ista”; ama i gatti, i viaggi e Stephen King (ma lui non lo sa).
Ha vinto l’XI edizione del Premio Lovecraft con il racconto Quel Giorno sul Vesuvio (Cento Autori e Giallo Mondadori) e il Premio Fantastique nell’ambito del I Fantasy Horror Award con Una Lunga Autostrada.
I suoi saggi illustrati Vampiri – da Dracula a Twilight e Licantropi – i Figli della Luna (Gremese) sono tradotti in Francia e Spagna.
Ha scritto i romanzi Dove il Silenzio Muore (Cento Autori), Io Vi Vedo (Tea/Tre60), Seguimi nel Buio (IoScrittore/GeMS), Over 50 (Ianieri Edizioni), il romanzo breve I Livellatori (Delos Digital), e la raccolta di racconti Donne in Noir (Il Foglio).
È presente in numerose antologie di prestigio tra cui Eros e Thanatos (Giallo Mondadori) e The Beauty of Death (Independent Legions), insieme ad autori del calibro di Ramsey Campbell e Peter Straub. È stata la prima donna italiana a essere ammessa come Active Member della prestigiosa Horror Writers Association.
Il quotidiano La Repubblica l’ha definita una delle “signore della suspense made in Naples” mentre per il Corriere del Mezzogiorno è “lo Stephen King napoletano”.
Ha curato, in collaborazione con lo scrittore Maurizio Ponticello, tre edizioni della rassegna letteraria partenopea INPASTALLAUTORE.
Dice di sè: “Non mi prendo mai troppo sul serio, altrimenti sarei una serial killer.”
Ho sempre amato le storie da brivido. Amo leggerle e scriverle perché mi afferrano cuore e stomaco, perché sanno scavare nel profondo della mente umana mettendone a nudo il lato oscuro, proprio quello che si nasconde in silenzio da qualche parte, dentro ognuno di noi. Ogni tipologia di aberrazione ha il suo fascino.
L’elemento soprannaturale che mi contraddistingue è sempre interpretabile perché voglio che sia il lettore a decidere se siano fantasmi o magari una proiezione psicotica. Il lettore: è sempre lui che deve avere le redini dei miei racconti.
Non ho mai seguito le tendenze editoriali, resto fedele a quello che fa vibrare le mie corde e che, di conseguenza, riesco a scrivere senza inorridire. Del resto, mi sono sempre sentita una pecora nera in un branco di pecore bianche.
Da bambina, mentre le coetanee sognavano di fare le ballerine, io volevo fare il meccanico. Mentre a Carnevale loro s’infiocchettavano da fatine, io mi vestivo da cowboy e sognavo di pilotare un elicottero. Perché volevo fare quello che facevano i maschi. Le preclusioni del sesso m’infastidivano quanto m’invogliavano a spingermi oltre i cosiddetti limiti imposti dall’essere femmina.
Ma che ci volete fare, a me piace essere me, fuori dagli schemi, dai ruoli, dai paletti.
Sono rimasta lontana dai giri editoriali per un po’ di anni per ragioni personali. Ho avuto un periodo abbastanza lungo e travagliato di fermo biologico. E, a quanto pare, la vita continua a mettermi alla prova.
In effetti sto qua a chiedermi cosa possa volere ancora da me, questa vita.
Ma intanto, dopo ogni bastonata, stringo i denti e mi rialzo. Barcollante, mi rialzo.
E così, rieccomi. Nuovo sito (l’ho creato io, spero vi piaccia), nuovi progetti.
Ripartiamo da qui, dunque. Quello che sarà, lo scoprirò strada facendo.
P.S. Chi scrive storie oscure non è necessariamente un pazzoide che di notte va per cimiteri. E comunque riflettete, sui cimiteri. Ogni lapide racconta una storia, e se qualcuno si ferma ad ascoltarla è un po’ come tornare a vivere.
S.S.
“Mi sono sempre sentita una pecora nera in un branco di pecore bianche.”